martedì 23 luglio 2013

RECENSIONE di Lucia Bruni (su "Grillo", n. 4, luglio-agosto 2013)

Arturo Bernava, "Scarpette bianche", Edizioni Solfanelli, Chieti, 2013, euro 16,00

Abruzzo, un paesino nel luglio 1943; anno turbolento che si prepara agli epiloghi di una guerra lunga, sanguinosa e devastante. L'oscuro delitto di una vecchietta indifesa proprio nella notte in cui i tedeschi, non più alleati ma invasori, giungono in paese, apre uno scenario inquietante sui personaggi che animano questo romanzo di Bernava.
Tantissimi i misteri che si intrecciano come in un concerto di eventi: un'ombra nera che si insinua furtiva fra le stradine del paese, l'arrivo di uno strano medico ora severo ora pavido e spaurito, un parroco iroso e un matrimonio mancato, dove anche il Duce sembra avere la sua parte, l'inspiegabile omertà di un'anziana signora; il tutto corredato da una pioggia di lettere anonime e da un paio di scarpette bianche che una nonna regala alla nipote perché le metta il giorno del matrimonio.
Scritto con sapiente uso del lessico — arricchito da simpatiche espressioni dialettali — e dovizia di particolari storici derivanti da una scrupolosa ricerca, questo ultimo romanzo di Bernava (come già il precedente Il colore del caffé, sempre per i caratteri di Solfanelli) accompagna i lettore in un percorso affascinante, non solo fra gli intrighi della grande Storia che si va a intrecciare con il quotidiano della piccola storia, ma soprattutto fra le pieghe dell'umana coscienza, quella che fa di un cittadino, un essere responsabile e partecipe dei fatti l'avvolgono. Sarà poi l'amore ad aver ragione su tutto, a riportare quegli equilibri che guerra, distruzione, odio, prevaricazione avevano compromesso.



Nessun commento:

Posta un commento